Qui dove non fui mai

Qui dove non fui mai

di Cristina Papi
testo di G.CAPRONI

La composizione prende ispirazione dal testo poetico del labronico G.Caproni che con pungente irriverenza spinge il lettore verso un baratro, ingannandolo con l’uso di un verbo accattivante che racchiude ambiguo molti significati: avvicinarsi.
Il paradosso e’ dato dal verbo successivo che altresi’ comunica d’improvviso un’immanente, possibile e irreparabile “precipitazione”. Quel qualcosa che d’improvviso potrebbe capitolare e’ metafora dell’esistenza precaria, come il galleggiare di una zattera nel mare il cui segreto per non affondare si nasconde nella ricerca di un equilibrio constante tra dover fare e essere. Muoversi con uno sguardo sempre attento all’altro io che veglia vigile, talvolta esorta o esita misurando il tempo degli eventi della vita, un tempo impossibile o eterno dove il poco, sta fra l’ora e il mai. Due voci si alternano, ricordandosi a vicenda in modo umorale cio’che puo’accadere ma che tuttavia non accade. Ciascuna voce conserva memoria di un afflato che musicalmente si struttura in uno strumento a fiato dal carattere sobrio o sognante.
Il pianoforte a quattro mani e’ originato come un primigenio pensiero che dal silenzio svela tutto lo spettro delle sonorita’ possibili fino al piano, e non oltre. Un pensiero dominante che ritorna con molteplici tentativi di allontanamento su se stesso. L’inquietudine di un cromatismo che mai trova una sincronia, una consonanza, sempre sospeso nell’intervallo di seconda diminuita.
La live electronics guida ad un ascolto ipnotico in cui lo spettatore non puo’ tirarsi fuori dal narrato vivendo in primis l’ambiguo presagio che forse il tempo del precipitare e’arrivato o non sara’mai.

Orfeo mio vale

Orfeo mio vale


MONTEPULCIANO. Il gruppo musicale Cat Ensemble, in collaborazione con l’associazione culturale il Grifo e il Leone e l’Accademia Europea di Musica e Arte e con il patrocinio del Comune di Montepulciano presenta il secondo, imperdibile, appuntamento dell’edizione 2015 degli Incontri Musicali al Cat.

Sabato 7 novembre 2015, alle 17.30, al CAntinonearte Teatri, situato nel complesso del Conservatorio di San Girolamo, sarà eseguito il concerto “Rimandi al volgersi di Orfeo”, rivisitazione del mito di Orfeo in chiave contemporanea.

L’Ensemble di Musica Contemporanea (EMC) del Conservatorio di Musica Luigi Cherubini di Firenze, diretto da Gabriele Centorbi, eseguirà brani, molti dei quali in prima assoluta, degli studenti di Composizione del Conservatorio: G. Centorbi, S. O. Chakavak, M. Cristofori, D. Fantechi, F. Gambelli, A.G. Martinico, C. Papi, G. Pontoni e I. Scott. Coordinazione musicale a cura dei docenti, i Maestri Claudio Josè Boncompagni e Luciano Garosi.

Mutati mutandis

Mutati mutandis

Fotografia, Figura umana, Analogico / Tradizionale, Altro, 210x175x1cm, 2012

L’opera è una trasposizione della mutazione nel tempo  del corpo. Un corpo che si manifesta nelle somiglianze genetiche di tre individui diversi appartenenti alla stessa famiglia che si coprono candidamente dalla nudità e preservano una primigenia purezza. Citazione delle tre età Klimtiane, omaggio a ciò che ci appartiene per natura o per virtù da cui non ci è concesso separarci. Un autoritratto immutato e mutante

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RES FISH

RES FISH

Note sul significato dell’opera
L’opera propone una riflessione che si focalizza sul rapporto dell’individuo con la percezione e la comunicazione verbale e sonora. La metafora dell’esistenza ricreata dall’installazione si amplifica nella contraddizione del sentirsi dentro e fuori le cose. L’opera esaspera la costante volontà dell’individuo di tenere tutto sotto controllo sia dal punto percettivo, emotivo e relazionale. L’artista suggerisce una possibilità d’ascolto soltanto attraverso un coinvolgimento diretto dello spettatore che diventa esso stesso il motore della percezione e il protagonista dell’ideale conversazione possibile. Il lavoro sottolinea il caos degli stimoli uditivi che l’individuo normalmente attraversa e vive simultaneamente cercando di decifrarli e ordinarli. Il paradosso sonoro del percepire la realtà dentro e fuor d’acqua in opposizione con la proiezione video e l’installazione della seconda stanza descrive la contraddizione dell’esistenza in cui l’individuo oscilla fra una chiara e una deformata percezione del reale spesso nascosta dietro un’implosione di calma apparente.

Note sul video
In allegato alla documentazione, un Demo del video per la proiezione della prima stanza. La traccia audio proposta è un esempio generico della possibile contaminazione delle tracce audio captate nei diversi ambienti, elaborate in tempo reale e trasmesse dagli altoparlanti D, D1, D2, D3, D4 per la prima stanza. Per la seconda stanza, le medesime tracce sono riproposte a basso volume senza alcuna modificazione. Il suono della rottura dall’ampolla di vetro è trasmesso soltanto dall’altoparlante posto verticalmente sopra l’ampolla del pesce. Il crash della rottura sarà a volume alto. L’installazione creerà una continua variazione della percezione sonora legata a ciò che realmente accade in ognuno dei cinque spazi di X3 monitorati. Lo spettatore in movimento nel luogo (nell’atto di percepirlo/scoprirlo) attraverso la propria presenza darà vita esso stesso ad un ascolto “possibile”.

Arma Christi

Arma Christi

NOLI ME TANGERE

NOLI ME TANGERE

Nel lavoro di Cristina Papi la dimensione affettiva, l’indagine dell’io e degli spazi domestici, l’attenzione al gesto nella sua dimensione di ritualità e all’oggetto in quanto sedimento di vissuto quotidiano e di memoria, conducono l’artista ad esplorare e trasformare, come in un procedimento alchemico, pezzi di mondo interiore, privato e personale. In un viaggio sentimentale à rebours Papi ricostruisce frammenti di un discorso e di un percorso psicologico ed emotivo grazie al quale instaura un dialogo senza soluzione di continuità tra passato e presente, particolare e universale, interiorità ed esteriorità. Il passato lascia tracce di memoria che diventano frammenti di una storia consegnata ad altri per potersi vicendevolmente conoscere e riconoscere in un’immagine riflessa allo specchio, aprendo un flusso di comunicazione con nuove storie ed esperienze in un gioco di rimandi e suggestioni molteplici.In Noli me tangere foto di interni, di salotti buoni dal sapore retrò e di suppellettili anni ’50, sono stampate su supporti in plexi e assemblate con dettagli oggettuali concepiti come frammenti di un’archeologia del vissuto che instaurano una relazione semantica con l’immagine fotografica. A tratti sembra di percepire la poetica delle piccole cose evocata dal poeta Guido Gozzano ne La signorina Felicita: scorci di ambienti lindi, ordinati, decorosi, nei quali gli oggetti hanno il sapore prosaico e riconoscibile di domeniche passate in famiglia, ma gli spazi sono anche connotati da un’atmosfera implosa e da un’aurea crepuscolare. I luoghi recano tracce di un passaggio ma, privi di presenza umana, registrano l’inquietudine dell’assenza. L’ambiente domestico e il passato vengono cristallizzati dall’artista in uno scatto e fissati in una dimensione privata intangibile che, distante nel tempo e nello spazio, separa ed esclude lo spettatore, ma al tempo stesso è in grado di evocare memorie appartenenti a percorsi individuali.

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Federica Mascagni

Memoire – aller et return

Memoire – aller et return

Descrizione dell’opera: Video – Performance – Installazione sonora.
Su un muro della terrazza è proiettato a ciclo continuo un video che racconta il gioco dell’allestimento della performance realizzata con i ragazzi della cittadella attraverso i loro volti, la ricerca delle pietre che scelgono per incidervi sopra la parola madre e figlio nella loro lingua e in quella del popolo che gli è stato ostile. L’artista, nella veste di attenta osservatrice del loro “gioco”, direttrice delle loro memorie, li invita a lasciare testimonianza attraverso immagini più care, foto di famiglia, foto da bambini: tutto il materiale autobiografico fa parte del gioco.. Il gioco consiste nel cercare pietre, scalfirle, parlare e giocare per ricordare e dimenticare. Tutti i bambini conservano sempre qualcosa di ciò che anno amato. I ragazzi si sceglieranno una pietra che depositeranno ai piedi di un compagno durante la performance se la riflessione sul “peccato” è onesta e sincera. Incidere le parole madre e figlio anche nella lingua nemica significa un atto di perdono ma anche un possibile rischio che tale pietra possa cadere dalla parte della loro lingua, offendendo la memoria di un loro stesso fratello. La performance avviene in una delle terrazze che si affacciano verso il fiume dove la vista del ponte che taglia il paesaggio è chiara e netta. Tutto questo materiale verrà rielaborato elettronicamente e montato a più voci con l’inserimento di suoni strumentali. L’installazione è un viaggio nella memoria, una riflessione epurata della tristezza, una liberatoria conquista della dualità del mondo e di noi stessi. Ricordare, perdonare e perdonarsi attraverso un gioco di carattere biografico. La guerra non è altro che un gioco distorto di pensieri, la guerra non esiste per le menti che non si riconoscono in questo gioco!
Performance: I ragazzi entreranno uno alla volta sulla terrazza con una pietra in mano e si disporranno distanti fra di loro. Resteranno immobili fino a quando tutti non avranno preso il loro posto. Il video li racconta mentre restano immobili. Suoni serviranno da interludio fra le parole e i treni che passa lasciando un incisivo suono che ricorda costantemente il viaggio. Usciranno in ordine inverso lasciando ciascuno ai piedi di un compagno la propria pietra mentre un breve silenzio sarà spezzato ancora dalle loro parole e canti. Il settimo ragazzo consegnerà la pietra a l’ideatrice di questo sonoro viaggio nella memoria. L’ultima pietra sarà posta al margine del pozzo.
Dichiarazione dell’artista

Mi perdo nei ricordi, adoro ascoltare storie, scoprirle nei gesti, negli sguardi e nei silenzi degli uomini. E’ come se il nostro corpo diventasse leggero e la ragione dell’esistere si riappropriasse del potere della mente e dell’ineffabile. Avere presagio del mistero della vita e della immortalità della nostra esistenza attraverso la memoria; ciò che siamo e che gli altri ricorderanno di noi. La guerra è un gioco macchinoso e crudele per non lasciare traccia di memoria, ma la nostra mente è inesauribile. Impossibile sopire l’indomito desiderio di ricordare e salvare ciò che ci è appartenuto.

Tu sei la saggezza stessa
e conosci la causa e il fine di tutte le cose.
Io sono tu figlio;
voglio conoscere
il vero mistero della vita,
Il vero gioioso dovere della vita.
La tua saggezza mi svelerà
Tutte le cose che tu sai,
tutte le cose che tu sai.

P. Yogananda
Affermazioni scientifiche di guarigione

Je me souviens

Je me souviens

Marzo 2004
Descrizione dell’opera: Video installazione sonora.
Proiettati su una parete larga da 5-6 metri cinque corpi nudi di spalle a dimensione naturale sono immobili al margine di una parete bianca. Tutti sostengono un drappo nelle loro mani come una fune. Se lo passano come un ideale filo d’Arianna; a due dei cinque corpi passando copre le nudità nascondendo una gioventù sfiorita. Il quinto personaggio è l’unico messo di profilo che, ritratto ad un passo dagli altri, completamente nudo, li osserva. E’ una famiglia di spalle: una vecchia signora, una madre due figlie ed un padre. Nel centro della stanza tracciato a terra in rosso un piccolo labirinto; all’ingresso una scritta : “Je me souviens” alla fine del labirinto un piccolo drappo bianco avvolto e adagiato a terra. Le immagini si alternano sostenute da una traccia sonora composta appositamente. La proiezione è ciclica, le immagini si presentano prima alternativamente una alla volta, successivamente a coppie di due, poi di tre e quattro. Solo alla fine del ciclo che durerà dai cinque ai sette minuti comparirà l’immagine dell’artista messa di profilo sul lato destro del muro. Le voci dei personaggi vengono usate come masse sonore di varie altezze e si fondono con suoni puri e sintetici. Le voci sono i “suoni primari”, da cui emergono tutti gli armonici. Le frasi e parole che si ascoltano sono frammenti delle risposte di tutti i familiari alla domanda: “che cosa ti ricordi? Di noi, di me? Se mi pensi che ti ricordi?”
L’installazione è un viaggio nella memoria di carattere autobiografico.