Qui dove non fui mai

di Cristina Papi
testo di G.CAPRONI

La composizione prende ispirazione dal testo poetico del labronico G.Caproni che con pungente irriverenza spinge il lettore verso un baratro, ingannandolo con l’uso di un verbo accattivante che racchiude ambiguo molti significati: avvicinarsi.
Il paradosso e’ dato dal verbo successivo che altresi’ comunica d’improvviso un’immanente, possibile e irreparabile “precipitazione”. Quel qualcosa che d’improvviso potrebbe capitolare e’ metafora dell’esistenza precaria, come il galleggiare di una zattera nel mare il cui segreto per non affondare si nasconde nella ricerca di un equilibrio constante tra dover fare e essere. Muoversi con uno sguardo sempre attento all’altro io che veglia vigile, talvolta esorta o esita misurando il tempo degli eventi della vita, un tempo impossibile o eterno dove il poco, sta fra l’ora e il mai. Due voci si alternano, ricordandosi a vicenda in modo umorale cio’che puo’accadere ma che tuttavia non accade. Ciascuna voce conserva memoria di un afflato che musicalmente si struttura in uno strumento a fiato dal carattere sobrio o sognante.
Il pianoforte a quattro mani e’ originato come un primigenio pensiero che dal silenzio svela tutto lo spettro delle sonorita’ possibili fino al piano, e non oltre. Un pensiero dominante che ritorna con molteplici tentativi di allontanamento su se stesso. L’inquietudine di un cromatismo che mai trova una sincronia, una consonanza, sempre sospeso nell’intervallo di seconda diminuita.
La live electronics guida ad un ascolto ipnotico in cui lo spettatore non puo’ tirarsi fuori dal narrato vivendo in primis l’ambiguo presagio che forse il tempo del precipitare e’arrivato o non sara’mai.